Nel luglio del 2014, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT), pubblicò la terza edizione del suo opus magnum: l’Annuario dei Dati Ambientali.
Nell’ispirata prefazione, l’allora Assessora all’Ambiente Bramerini sbandierava “la certezza che gli sforzi intrapresi dal 2009 ad oggi, cioè dalla riforma di ARPAT, abbiano dato i risultati sperati”. Ovvero “chiarezza”, “numeri palesi”, “il lavoro attento e trasparente” e, per Diana, “prima di tutto informazione”.
Insomma: “una fotografia reale dello stato del nostro ambiente”.
Purtroppo, una fotografia venuta malino: Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio e Calenzano non ci sono. Un po’ come quei compagni di scuola malaticci, sempre assenti il giorno della foto di classe.
Infatti, in tutte le 92 pagine dell’Annuario 2014, le parole “Campi Bisenzio” e “Calenzano” appaiono solo a pagina 2, in questa mappetta verde.
Alle parole “Sesto Fiorentino” va un po’ meglio: appaiono anche a pagina 4, dove dice: “Stampa: Tipolitografia Contini, Sesto Fiorentino (FI)”.
Poi più nulla. Nessuna centralina di monitoraggio, nessun dato sull’inquinamento, in tutto il territorio di Sesto, Campi e Calenzano. Niente. Non pervenuti. Buchi neri certificati da ARPAT.
Saranno malaticci anche loro, in foto vengono male.
Quest’anno, ARPAT ci ha riprovato. A luglio è uscito l’Annuario dei Dati Ambientali, edizione 2015. Nell’ancora altisonante prefazione, l’ora ex-assessora Bramerini brandeggia: “Adesso istituzioni, categorie economiche, giornalisti, comitati, associazioni e cittadini possono avere a disposizione dati certificati per farsi la propria idea sull’ambiente in cui vivono.”
Purtroppo l’idea su Sesto, Campi e Calenzano è sempre la stessa del 2014: la solita mappetta a pagina 2. Quest’anno marroncina.
Con grande scorno della Contini di Sesto, l’ARPAT ha anche cambiato tipolitografia. Però, spulciando, troviamo comunque un’altra menzione a “Sesto F.no”: dove dice che l’ARPAT ha proprio abbandonato la postazione, cioè perfino la sede in Via Togliatti 6.
Si sa, l’affitto.
Insomma, che sia questa la “direzione che abbiamo perseguito da tempo e adesso raggiunto” di cui la Bramerini bramerina nell’introduzione? “Gli sforzi intrapresi dal 2009 ad oggi, cioè dalla riforma di ARPAT”?
In effetti, nel 2009, prima degli sforzi, le centraline c’erano (in rosso quelle chimiche, in blu le meteo):
I lettori potranno divertirsi a trovare le 3 differenze con il 2010:
Infine, per i solutori più che abili, lo schema del 2014 (Soluzione: non c’è una centralina in tutta Sesto, Campi e Calenzano).
Voilà.
ARPAT ha fatto davvero un gran bel lavoro, giustamente apprezzato dalla Regione Toscana con una pioggia di premi di fine anno, che hanno reso l’allora direttore, Giovanni Barca, il “campione dei direttori degli enti controllati”, come ha scritto il Tirreno. “Questo probabilmente dipende dal fatto che alle sue dipendenze risultano – caso unico in Toscana – una settantina di dirigenti. E tutti, stando a quanto pubblicato sul sito dell’Agenzia, hanno riscosso una retribuzione di risultato.”
Bravi tutti, quindi. E brava ARPAT. Provaci ancora!
PS: l’ex-direttore Barca, scaduto il 30 giugno scorso, approfitta dell’Annuario 2015 per farci sapere che le banche dati ARPAT “rappresentano la possibilità, per ciascuno, di farsi la propria informazione ambientale.”
Piana Sana avanza allora un’umile proposta all’attuale Presidenza Regionale, che certamente ha a cuore il tema ambientale come l’aveva la precedente, visto che è la stessa: smetta di versare premi all’ARPAT e li giri piuttosto a noi cittadini, ché preferiamo farci la nostra informazione ambientale da noi.